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La sicurezza negli ambienti di lavoro deve essere sempre garantita ai dipendenti e ai terzi, compreso il Direttore dei lavori.
Il fatto
Recentemente la Cassazione penale si è occupata di un caso in cui la vittima del reato coincide con il Direttore di lavori. Era accaduto che Il Direttore dei lavori, anche committente, dopo essere salito sul tetto del fabbricato tramite un cestello di risalita calpestava un lucernario che, sotto il suo peso si sfondava facendolo precipitare da una altezza di sette metri. Il primo giudice aveva stabilito che la vernice rossa con cui era stato spruzzato il tetto, compreso il lucernario, aveva tratto in inganno il Direttore dei lavori facendogli ritenere che le previste opere di messa in sicurezza fossero state istallate.
Il Tribunale di Verbania aveva condannato il titolare della ditta appaltatrice e il coordinatore delle attività di rimozione dell’amianto della stessa ditta “per avere cagionato per colpa …….” al Direttore dei lavori lesioni che comportavano una prognosi di oltre 40 giorni. Sentenza poi confermata dalla Corte d’appello di Torino.
Gli imputati avevano fatto ricorso in Cassazione contestando la piana assimilazione del Direttore dei lavori/Committente a un qualunque terzo individuo che si trovi all’interni di un ambiente di lavoro soggetto agli obblighi di sicurezza. Secondo i ricorrenti la vittima, Committente e Direttore dei lavori di quegli stessi lavori oggetto dell’attività di prevenzione degli infortuni, aveva assunto una posizione di garanzia per cui non poteva definirsi soggetto “terzo” e, di conseguenza, dovevano essere riconsiderate le relative responsabilità degli imputati.
Un’altra motivazione del ricorso verteva sul fatto che il Direttore dei lavori era salito sul tetto e, pur conoscendo il rischio di caduta dall’alto, in quanto aveva sottoscritto il Piano di sicurezza e coordinamento, non aveva utilizzato i previsti DPI anticaduta. Secondo i ricorrenti, dunque, l’evento verificatosi non poteva essere previsto per esclusiva imprudenza della vittima.
La sicurezza sui luoghi di lavoro deve essere sempre garantita
La Cassazione ha ricordato che quando vi sono più titolari della posizione di garanzia, ciascuno è, per intero, destinatario dell’obbligo di tutela imposto dalla legge, perciò l’omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile a ogni singolo obbligato.
Ha anche ricordato che le norme antinfortunistiche sono dettate a tutela non soltanto dei lavoratori nell’esercizio della loro attività, ma anche dei terzi estranei che si trovino nell’ambiente di lavoro, anche quando questi tengano condotte imprudenti. La colpa per violazione delle norme antinfortunistiche è ravvisabile solo quando la condotta imprudente è “esorbitante” rispetto al rischio definito dalla norma cautelare violata.
Il ruolo di direttore ai lavori, secondo la Cassazione, non altera quella di soggetto che si muove all’interno dell’ambiente di lavoro e che, in tale veste, è creditore dell’obbligo di sicurezza e prevenzione. Nel caso in questione il ruolo della vittima non incide sulla responsabilità degli imputati.
Riguardo al comportamento della vittima, anche se imprudente, non poteva considerarsi esorbitante. La sentenza impugnata aveva valutato l’imprudenza del Direttore dei lavori in quanto consapevole dei rischi presenti sul tetto e per tale ragione il giudice aveva operato il giudizio di equivalenza tra le circostanze attenuanti generiche che aveva riconosciuto, e le contestate circostanze aggravanti.
lI ricorso è stato rigettato.
Per approfondire
Dal sito Olympus.it – Cassazione Penale, Sez. 4, 05 febbraio 2024, n. 4927 – Caduta dal tetto durante le attività di rimozione amianto. Quando il direttore dei lavori coincide con la vittima del reato