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Confermata in Cassazione la condanna per omicidio colposo per un RLS che con il suo comportamento omissivo era stato ritenuta di aver contribuito casualmente al verificarsi dell’evento lesivo in cui era morto un lavoratore.
Il Fatto
La Cassazione Penale, Sez. 4, con la sentenza 25 settembre 2023, n. 38914, rigettando il ricorso presentato dall’imputato, ha condannato il RLS di un’azienda per omicidio colposo.
La sentenza si riferisce a un incidente avvenuto nel 2011. Durante le operazioni di stoccaggio, un lavoratore, dopo avere trasportato a mezzo di un carrello elevatore un carico di tubolari di acciaio, scese dal carrello elevatore ed si arrampicò sullo scaffale per meglio posizionare il carico, veniva schiacciato e morì sotto il peso dei tubolari che gli rovinarono addosso.
Datore di lavoro e Rappresentante per la sicurezza dei lavoratori erano stati condannati dal Tribunale di Trani per omicidio colposo, sentenza poi confermata dalla Corte di Appello di Bari.
Al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza era stata ascritta la colpa specifica correlata a violazioni di norme in materia di sicurezza sul lavoro, per aver concorso a cagionare l’infortunio mortale attraverso una serie di contegni omissivi, consistiti nell’omissione di promuovere l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica dei lavoratori, nell’aver omesso di promuovere l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica dei lavoratori, di sollecitare il datore di lavoro ad effettuare la formazione dei dipendenti (tra cui la vittima) per l’uso dei mezzi di sollevamento e non aveva informato i responsabili dell’azienda dei rischi connessi all’utilizzo, da parte del lavoratore poi morto nell’incidente, del carrello elevatore.
Tra i motivi del ricorso presentato dal Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza veniva indicato che tale figura non è titolare di posizione di garanzia. Il rappresentante della sicurezza dei lavoratori non ha poteri decisionali e, di conseguenza, non sono previste, a suo carico, sanzioni amministrative e/o penali.
Diritto
La Cassazione ha puntualizzato che l’art. 50 del D.Lgs. 81 “attribuisce al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza un ruolo di primaria importanza quale soggetto fondamentale che partecipa al processo di gestione della sicurezza dei luoghi di lavoro, costituendo una figura intermedia di raccordo tra datore di lavoro e lavoratori, con la funzione di facilitare il flusso informativo aziendale in materia di salute e sicurezza sul lavoro”.
Secondo la Cassazione, nel caso in questione, non è rilevante se l’imputato, in tale sua veste, ricoprisse o meno una posizione di garanzia intesa come titolarità di un dovere di protezione e di controllo finalizzati ad impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire (art. 40 cpv. c.p.) – ma se egli abbia, con la sua condotta, contribuito causalmente alla verificazione dell’evento ai sensi dell’art. 113 c.p.
E, sotto questo profilo, seconda la Cassazione, la sentenza impugnata, ha illustrato adeguatamente i termini in cui si è realizzata la cooperazione colposa del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza il quale, non ha in alcun modo ottemperato ai compiti che gli erano stati attribuiti per legge (art. 50 del D.Lgs 81/2008). Egli ha consentito che il lavoratore, poi perito, fosse adibito a mansioni diverse rispetto a quelle contrattuali, senza aver ricevuto alcuna adeguata formazione e non sollecitando in alcun modo l’adozione da parte del responsabile dell’azienda di modelli organizzativi in grado di preservare la sicurezza dei lavoratori, nonostante le sollecitazioni in tal senso formulate dal Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione.
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